“Un’opera d’arte è il risultato unico di un temperamento unico.”
Credo che questa citazione presa da “Il critico come artista” di Oscar Wilde calzi a pennello con la singolarità del processo ideativo che ha trasformato una landa disabitata in una capitale di stato. È un processo che parte da lontano e che vede il Brasile, nel corso della prima metà del novecento, come culla di un’architettura dalla spiccata influenza moderna. Principali artefici di questa tendenza furono Oscar Niemeyer e Lucio Costa. A voler essere precisi tuttavia, è la collaborazione tra Costa e l’architetto polacco Gregori Warchavchik a tracciare le linee guida della nuova architettura brasiliana. Secondo Adrian Gorelik, storico dell’architettura, il progetto cardine per l’affermazione del modernismo brasiliano è il Ministero dell’educazione e della sanità di Rio de Janeiro commissionato a Costa dal dittatore Getulio Vargas. Questo progetto chiude un periodo di intense sperimentazioni definendo un modello canonico capace di inglobare e omogeneizzare qualunque altro tipo di ricerca. Altrettanto importante sarà il progetto di Costa e Niemeyer per il padiglione brasiliano all’esposizione universale di New York del 1939. È un vero capolavoro. L’architettura brasiliana sale definitivamente alla ribalta, viene studiata dai professionisti di tutto il mondo. Nel 1943 viene addirittura inaugurata la mostra “Brasilian builds” nel prestigioso MOMA di New York. Il Brasile rappresenta un caso straordinario per l’architettura anche per quanto riguarda il rapporto tra governo statale e avanguardia. Essi si costruiscono reciprocamente, lo stato attinge dal mondo dell’architettura modelli utili per plasmare l’immaginario della modernizzazione territoriale e urbana. In questo senso il vero compimento del movimento moderno in Brasile è la realizzazione della capitale, Brasilia.
Nel 1956 tale Juscelino Kubitschek viene eletto presidente della repubblica e tra i punti cardine del suo mandato inserisce la costruzione della nuova capitale. Viene fondata la Novacap, una commissione statale che doveva occuparsi di ogni aspetto della costruzione della città. La direzione per la parte architettonica viene affidata a Oscar Niemeyer. Kubitschek e Niemeyer si erano conosciuti già negli anni ’40 quando il primo era governatore di Belo Horizonte e aveva affidato all’architetto una serie di progetti nell’area di Pampulha. Niemeyer decide di indire un concorso per la progettazione della città, concorso che vede vincitore il progetto ideato da Lucio Costa. È un progetto singolare, a differenza degli altri finalisti che utilizzano i criteri classici dell’urbanistica novecentesca, Costa definisce una forma abbastanza particolare con l’asse est-ovest, quello residenziale, curvato per seguire l’orografia del territorio. Lo stesso Adrian Gorelik identifica in questa città una certa volontà di forma, volta a pareggiare quella stratificazione storico-culturale che dà invece forza alle grandi capitali europee. Potenza e chiarezza diventano simbolo di questa città, identità e orgoglio dei suoi abitanti. Si può quasi dire che questa città, come del resto l’architettura brasiliana, sia antimodernista poiché qui il problema è l’assenza di storia, non il suo eccesso. Difatti il movimento moderno nasce da una sorta di negazione della storia. In Brasile invece lo scopo è quello di trovare un posto nella storia per il presente, si ricerca una tradizione, un linguaggio brasiliano. Interessante è comprendere anche che a differenza di altre operazioni di questo tipo (Siedlungen a Stoccarda, Hansaviertel a Berlino) Brasilia nasce e si annuncia al mondo come opera d’arte, monumento alla modernità.
La città si sviluppa lungo 2 assi, quello est-ovest con il tessuto residenziale organizzato per quadras e superquadras e quello nord-sud, il vero asse monumentale, con l’esplanada dei ministeri che si conclude da una parte con la piazza dei tre poteri e dall’altra con parchi e giardini per la popolazione. Il piano vuole recuperare quell’idea di vita urbana che si era persa con le pianificazioni CIAM di inizio ‘900 troppo razionaliste e funzionaliste. In questo senso la gestione del traffico automobilistico e non, è estremamente interessante. Costa separa il traffico regionale, senza possibilità di uscite dirette in città, da quello locale attraverso la sovrapposizione di strade su più livelli. Sempre nell’ottica di garantire una più libera e coerente circolazione tutti gli edifici delle quadras vengono adagiati su pilotis per assicurare una permeabilità totale ai pedoni. La città nasce per 500.000 abitanti, 3.000 per ogni quadra. Non viene previsto nel piano alcuna possibilità di ampliamento. Dopo l’inaugurazione iniziano una serie di lotte sociali volte a consolidare quei micro villaggi che si sono formati come accampamenti temporanei degli operai. Da queste lotte si creano una serie di “città satellite” nei dintorni di Brasilia che ebbero comunque una crescita più ordinata di molte altre città brasiliane. La mancanza di un piano per l’espansione della città sarà uno degli aspetti più criticati. Dopo un primo momento di euforia difatti piovono copiose critiche sulla città, tutto d’un tratto sembra un errore, un progetto moderno costruito con troppa fretta e per un mero intento politico. Credo che invece sia importante comprendere la straordinarietà e l’unicità dell’intervento a Brasilia che di fatto cambia il mondo dell’urbanistica così influenzato dagli interventi haussmanniani ottocenteschi. L’opportunità credo sia stata colta nel migliore dei modi, la città sembra funzionare o comunque sembra avere una qualità urbanistica e architettonica sicuramente superiore ai corrispettivi modelli capitali. La sua unicità è altresì permeata da idee semplici e razionali che non ne precludono l’assimilazione in altri contesti urbanistici. Dunque io credo che Brasilia possa essere un modello estremamente attuale e quantomeno possa fornire spunti interessanti a coloro i quali abbiano la fortuna di lavorare su un tema tanto affascinante.
Gabriele Feliziani