Al 17° Festival Internazionale Cinema di Frontiere a Marzamemi, Valerio Cataldi giornalista del TG2 ha presentato Io sono Aziz.

Ritratto di Valerio Cataldi.
Aziz è un bambino di nove anni scappato insieme al padre dall’Afghanistan. Nel primo incontro con il giornalista, Aziz era completamente ignorato da chiunque potesse agire per dargli una mano. Lasciato in un limbo circondato da filo spinato e dai muri che l’Europa sta costruendo attorno a se stessa. Eravamo abituati ad un altro tipo d’Europa e sembra che adesso stiamo subendo un’involuzione. Non solo l’Europa ma anche l’America e l’Australia, un mondo che si sta chiudendo sempre più in se stesso. Il filo spinato serve a fermare i flussi migratori ma non riuscirà mai a fermare chi vuole fare qualcosa per le migliaia di persone che sono disposte a tutto pur di avere una vita migliore. Nessuno di loro si arrende, vogliono a tutti i costi raggiungere i paesi del Nord Europa. Spesso sono respinti ma ritentano fino a riuscirci. Molti li inghiotte il mare, altri li rende invisibili il filo spinato. Quelli che ce la fanno diventano numeri della cosiddetta “invasione” o della “paura” e che purtroppo fa dire a molti che ci porteranno via il lavoro e tant’altro. Numeri che forse rappresentano la disperazione di chi scappa per avere una vita migliore. I minori che arrivano in Italia da soli, secondo un rapporto Unicef, diventano “bambini perduti” ossia bambini che vengono destinati alla prostituzione dalle organizzazioni criminali. Vittime di meccanismi che non vogliamo guardare o che rifiutiamo di guardare per non dover affrontare il problema. Aziz è uno dei pochi che ce l’ha fatta e può guardare al suo futuro in maniera diversa.
Chi è Aziz?
È un bambino di nove anni che ho incontrato a Belgrado, alla vecchia stazione ferroviaria. È di nazionalità afghana ed è scappato insieme al padre che era un poliziotto minacciato nel suo Paese dai talebani. Scappava dalla stessa violenza che ci preoccupa più di qualsiasi altra cosa, ossia la violenza dei terroristi islamici. È un bambino che rappresenta se stesso. Il titolo del film porta il suo nome. È un’affermazione di esistenza di un bambino che quando l’ho incontrato era completamente ignorato, sia dalle autorità serbe che dalla popolazione, da chiunque in qualche modo potesse agire, fare qualcosa per dargli una mano. È un bambino lasciato nel limbo come decine di migliaia di bambini, uomini e donne. È un limbo sospeso, separato dal filo spinato e dai muri che l’Europa sta costruendo attorno a se stessa.
Non solo l’Europa ma anche l’America dopo le elezioni di Trump o altri Paesi.
Anche l’Australia che forse è anche peggio. È tutto il mondo che si sta chiudendo attorno a se stesso, chiudendo delle isole con il filo spinato che serve a fermare i flussi migratori che però potrebbero essere utilizzati in maniera diversa da noi europei, per noi potrebbero essere potenzialmente una ricchezza. In realtà li circondiamo di filo spinato e li condanniamo ad una sopravvivenza che spesso è fatta di nulla. Aziz è un bambino che sognava di andare a scuola pur non essendoci mai stato. Sapeva come si impugna una matita e sogna di poter fare l’insegnante o il dottore. Una persona utile alla società alla quale apparteneva, pur vivendo in una baracca abbandonata nella vecchia stazione ferroviaria dove ogni giorno passavano centinaia di migliaia di persone per i propri viaggi attraverso i treni che partivano da quella stazione, eppure nessuno riusciva a vederlo, a guardare negli occhi né Aziz, né gli altri bambini o le altre persone che erano intrappolati in quella dimensione.
Molti li inghiotte il mare, altri li rende invisibili il filo spinato.
Esatto, è quello che succede nell’Europa che si sta chiudendo. Abbiamo dei numeri spaventosi, l’anno scorso cinquemila morti annegati. Quest’anno sono già alcune migliaia e purtroppo la prospettiva è che questi numeri siano ancora più alti. Non sono numeri legati ad una guerra, ad un conflitto e si fa veramente fatica alla fine, capire cosa rappresentano. Numeri che sono quelli della cosiddetta “invasione” della “paura” che è diffusa un po’ dappertutto e che fa dire che queste persone arrivino per toglierci qualcosa. In realtà sono numeri che se li andassimo a leggere, scopriremmo che non sono così spaventosi. Quest’anno si presuppone che ne arrivino duecentomila che sembra un numero intollerabile per questo Paese. In realtà in Italia ci sono quasi ottomila Comuni, se ogni Comune ne prendesse una quota, più o meno venticinque per ogni Comune. Venticinque non è un numero che possiamo definire emergenza. Il meccanismo della paura è la cosa più devastante che possa esserci e che racconta attraverso numeri che non corrispondono mai al vero, un’invasione che non c’è. Dobbiamo riuscire a superarlo, solo così possiamo capire che dietro c’è un’opportunità. Altrimenti ci armiamo, mettiamo il coltello tra i denti e difendiamo qualcosa che in realtà non è né sotto attacco e né sotto assedio.
C’è anche un rapporto dell’Unicef sulla sparizione di minori non accompagnati che arrivano in Italia, i cosiddetti “bambini sperduti”. Cosa ne pensa?
Moltissimi bambini arrivano qua da soli perché le famiglie spesso e volentieri li mandano, investendo su di loro. La prospettiva è quella di poter guadagnare in modo tale da poter mandare i soldi alle famiglie che non hanno nulla, sono povere. Ci sono anche quelli che arrivano da zone di guerra. Spariscono e nessuno sa cosa succeda. Sappiamo che ci sono dei meccanismi che li inseriscono in dei circuiti governati da organizzazioni criminali. A volte sono loro stessi a prendere i bagagli e andarsene per cercare fortuna altrove o perché hanno dei contatti o dei familiari che li aspettano. C’è sicuramente una quota che non sappiamo dove va ed è indiscutibile che siano gestiti da organizzazioni criminali senza scrupoli e che avviano questi bambini, sia maschi che femmine alla prostituzione. È assodato che la tratta delle ragazzine nigeriane sia gestita anche da diplomatici della stessa ambasciata. Sappiamo che ci sono meccanismi a cui siamo abituati a non voler guardare ed in questo modo “evitiamo” un problema che non siamo in grado di gestire e non vogliamo gestire.
Chi è Aziz “adesso”?
È riuscito dopo mesi di tentativi ad arrivare in Francia. Il padre era stato arrestato al confine croato mentre tentavano di attraversare l’Europa e dopo varie settimane è tornato indietro e sono riusciti a fare un percorso, affidandosi a dei trafficanti com’è normale che avvenga perché i confini più sono blindati più sono gestiti da organizzazioni criminali che facendosi pagare aiutano le persone a passare. Aziz e il papà sono riusciti ad arrivare in Francia, hanno fatto richiesta di asilo e lui continua a sognare di andare a scuola. Ha un viso diverso, ci siamo parlati di recente attraverso una video telefonata live, non aveva più gli occhi gonfi, era un bambino sorridente, felice che finalmente aveva una prospettiva di un futuro migliore.
Elisabetta Ruffolo