Un monumento alla pax augustea, perso nel tempo e riportato alla luce – pezzo dopo pezzo – nel corso degli ultimi secoli. Un altare che, a distanza di 2000 anni dalla sua realizzazione, continua a portare a termine ancora la sua missione, quella di celebrare la pace: se anticamente, infatti, erano i suoi bassorilievi a raccontare il senso della pax raggiunta dall’Impero romano, oggi è tutto il complesso dell’Ara a diffondere nell’aria quel senso di armonia che troppo spesso, nel caos citttadino, pare sfuggirci di mano. L’Ara Pacis è tutto questo.

Contenuto all’interno del Museo che rappresenta la prima opera di architettura realizzata nel centro storico della Capitale dalla caduta del fascismo ai giorni nostri, l’Ara Pacis racchiude al suo interno l’altare edificato nel 13 a.C. per onorare il ritorno di Augusto dalle province di Gallia e Spagna. L’opera era stata costruita lungo la via Flaminia, al confine del Campo Marzio settentrionale, ed è stata dedicata dall’Imperatore alla Pace, nella sua accezione di divinità, rappresentando una delle più significative testimonianze dell’arte augustea che vuole simboleggiare la pace e la prosperità raggiunta dalla Pax Romana.

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In un’epoca in cui le immagini avevano capacità di divulgazione molto più ampia della scrittura, un luogo come l’Ara Pacis rappresentava dunque certamente un libro in grado di spiegare a tutti la grandezza del potere politico. L’Ara, infatti, al suo interno racchiude la storia delle gesta di un Augusto ormai cinquantenne, insieme alle sue linee politiche. Il tutto a partire dalla rievocazione della storia di Roma, con scene dedicate alla fondazione della città, i suoi miti. L’Ara Pacis manifesta nei suoi rilievi anche un chiaro intento di propaganda dinastica: evidenti sono i legami tra Augusto e la Pax, espressa come un rifiorire della terra sotto il dominio universale romano. E la pace rimane uno dei fili conduttori di questo monumento: entrando all’interno del museo per ammirarlo, infatti, sembra di venire proiettati in una dimensione ovattata, completamente distaccata dalla caotica città la cui vita, appena al di là delle vetrate, continua a pieno ritmo. Complici sono sicuramente i colori e i giochi di luce della teca in cui è inserito (come spiegato di seguito, l’Ara è contenuta all’interno di un edificio realizzato dall’architetto statunitense Meier).

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La storia di questo monumento è stata molto complessa, già dall’età antica, dato che nel corso del II secolo d. C. il livello della zona risultava essersi alzato a causa della natura alluvionale dell’area che aveva portato la zona a riempirsi di strati di limo. L’Ara Pacis sorge tra l’altro su due livelli: la differenza di quota tra le due fronti, corrisponde infatti al dislivello esistenze anticamente tra via Flaminia (oggi via del Corso) e la grande platea del Campo Marzio con l’Horologium Augusti, verso il quale era rivolto l’altare. Nel corso del tempo, l’Ara sprofondò piano piano completamente nel terreno, per venire riportata alla luce solo nel periodo del Rinascimento quando vennero scoperti alcuni frammenti di bassorilievi. Molti di questi furono addirittura trasferiti all’estero (alcuni arrivarono a Parigi, altri a Vienna, altri ancora rimasero esposti agli Uffizi di Firenze), ma solo alla fine del diciannovesimo secolo si iniziò a comprendere che tutti questi frammenti potessero far parte di un unico grande altare. Scavi regolari vennero così avviati tra il 1903 e il 1937, anno in cui l’altare fu ricomposto presso il Mausoleo di Augusto, a ridosso del lungotevere, non vicino all’area dove doveva trovarsi originariamente e cioè sotto il palazzo Fiano-Peretti. La prima teca fu progettata nel 1938 dall’architetto Ballio Morpurgo, ma dopo la seconda Guerra Mondiale, il progressivo inquinamento mise seriamente in pericolo la stabilità e la conservazione del monumento. Nel 2006 fu così disposta la realizzazione di una seconda teca, ideata dall’architetto statunitense Richard Meier. Un’opera, quest’ultima, che sicuramente contrasta con la bellezza “classica” del monumento costudito al suo interno e che ha sollevato più di una critica, nel corso del tempo. Eppure anche questa teca potrebbe avere un senso anche agli occhi di chi non la ama: ci invita a non fermarci all’involucro, ma a scoprire quanto si nasconde sotto il primo strato visibile agli occhi. Uno strato che, spesso, può anche non essere in sintonia con tutto il resto.

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Consigli: accedere all’Ara Pacis è molto semplice, la struttura si trova sul lungotevere ed è raggiungibile coi mezzi pubblici di superficie o tramite metro (fermata linea A Spagna o Lepanto), con una camminata di 10-15 minuti per il centro cittadino. La visita può essere effettuata grazie al supporto di una audio guida ad un prezzo aggiuntivo, ma è possibile approfondire la sua storia anche grazie ai pannelli esposti e al video proiettato in loop all’entrata, come gentilmente spiegato dagli addetti alla reception e biglietteria. Al piano inferiore della struttura, è possibile spesso visitare mostre differenti: il biglietto, anche in questo caso, deve essere acquistato a parte.