Due regine, due passioni, due sistemi di potere: sulla scena una struttura praticabile e rialzata come un ring concentra su di sé la maggior parte dell’azione; sopra quella elementi diversi che richiamano simboli e dispositivi metaforici non esenti da trasposizioni temporali significative come il trono curule dorato nel primo atto, una poltroncina ottocentesca nel secondo, la prigione di Maria nel finale ed i suoi approntati feticci cattolici. La tragedia di Schiller da cui deriva la Stuarda donizettiana esibisce una vicenda emblematica che ha un valore atemporale: due regine divise e rivali per ambizione e ragioni di stato che però si confrontano sul piano della femminilità.

Maria Stuarda_Carmela Remigio(Elisabetta), in ginocchio Marina Rebeka(Stuarda) ® Yasuko Kageyama-Opera di Roma 2016-17_4774 WEB

Carmela Remigio in Elisabetta e, in ginocchio, Marina Rebeka in Maria Stuarda. ® Yasuko Kageyama, Opera di Roma 2016-17.

Il fondo del palcoscenico, oscuro per lo più e intercalato da accessi più o meno evidenti si apre orizzontalmente a metà palcoscenico, come il coperchio di una immensa scatola, con spiragli asfittici ora sul mondo di Elisabetta e ora sull’ultimo orizzonte di Maria: prima durante il coro del prim’atto Qui si attenda, ell’è vicina e poi nella scena del parco di Fotheringay dove muraglie cosparse di spuntoni invalicabili delimitano la prigione della Stuarda; l’unica apertura totale si realizza alla fine, quando cade l’ultimo diaframma della scenografia, e il patibolo, il ceppo con la scure pronta per l’esecuzione della Stuarda si stagliano sul fondo nudo del teatro: se per Maria la morte è l’estrema possibilità di evasione dal suo carcere e l’oscenità della decapitazione consegna il suo personaggio alla nuda realtà della storia ed anche al fulgore del mito, neppure Elisabetta sfugge alla prigione del potere cui rimane ancora soggetta.

Maria Stuarda_Carmela Remigio(Elisabetta) ® Yasuko Kageyama-Opera di Roma 2016-17_4526 WEB

Maria Stuarda, Carmela Remigio in Elisabetta. ® Yasuko Kageyama, Opera di Roma 2016-17.

Questa la lettura registica di Maria Stuarda di Gaetano Donizetti che ho seguito all’Opera di Roma lo scorsa domenica 26 marzo in pomeridiana, ad opera di Andrea De Rosa nell’allestimento svolto in collaborazione col Teatro San Carlo di Napoli. La grande prova di attorialità del cast egregiamente diretto ha scavalcato le convenzioni del libretto, pure ben strutturato dal Bardari, ed ha fatto di questo capolavoro donizettiano un grande evento teatrale anche al di là della sua grande valenza musicale e belcantistica. E questo perché l’allestimento scenografico di Sergio Tramonti, i pregnanti costumi di Ursula Patzak e l’organico ed essenziale disegno luci di Pasquale Mari sono gli stessi di uno spettacolo in prosa del dramma omonimo di Schiller ideato nel 2007 per il Teatro Stabile di Napoli e la regia dello stesso De Rosa, regista versato nella prosa e nella filosofia ma capace di rispettare tempi e spirito di un capolavoro del teatro lirico. Una regia che ha valorizzato le performance vocali che hanno un carattere belcantistico inserendovi quel surplus attoriale che fa la differenza: ad esempio quella di Carmela Remigio in Elisabetta segna un modello interpretativo del personaggio per precisione di linguaggio musicale e scenico dove la parola in musica viene declinata in diverse sfaccettature espressive; la parte di Elisabetta – restituita alla originaria attribuzione sopranile – è molto più frastagliata di quella della Stuarda e la Remigio ha espresso i diversi volti della regina, quello imperioso, astioso, dubbioso, beffardo, amoroso e furente con grande efficacia e pregnanza.

Maria Stuarda_Carmela Remigio(Elisabetta), Alessandro Luongo(Cecil) ® Yasuko Kageyama-Opera di Roma 2016-17_4853 WEB

Maria Stuarda, Carmela Remigio in Elisabetta, Alessandro Luongo in Cecil. ® Yasuko Kageyama, Opera di Roma 2016-17.

Presenza scenica imponente e freschezza di emissione quella di Marina Rebeka in Maria Stuarda, che ha esibito una vocalità estesa e svettante, capace di una flessibilità notevole nelle colorature come nel lirismo acceso e sognante dell’aria Oh nube che lieve e nella cabaletta successiva Nella pace del mesto riposo con diversi exploit nella zona acuta che hanno dischiuso immagini sonore di certa suggestione – anche le puntature al re bemolle sovracuto – mentre la minore duttilità in senso dinamico nelle lunghe arcate del finale – dove però si apprezzava una notevole tenuta del fiato – con il coro Ah! Se un giorno da queste ritorte poteva deporre per una vocalità ancora non priva di qualche durezza. Allineato con la lettura attoriale della regia e perfettamente calato nella parte drammatica di Leicester, il tenore Paolo Fanale ha messo in campo un gesto vocale sicuro che faceva tuttavia trasparire un timbro di una certa bellezza non pienamente appoggiato sul fiato e a volte flebile in rapporto all’orchestra, cosa che ha limitato la piena aderenza alle pur notevoli intenzioni di fraseggio.

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Una scena di insieme tratta da Maria Stuarda. ® Yasuko Kageyama, Opera di Roma 2016-17.

Anche per il Teatro Costanzi di Roma si può dire che ad un grande teatro corrisponde una grande qualità delle parti di fila e dei comprimari, tutti peraltro credibili scenicamente e improntati da una regia veramente illuminata: l’eloquente timbro del basso Carlo Cigni in Talbot che alla fine si presta come confessore alla penitente Stuarda e le appronta con due assi del letto una croce cui rivolgersi inginocchiata, la centrata presenza vocale e scenica del mezzosoprano Valentina Varriale che ben rappresenta nelle vesti di Anna Kennedy il mondo di Maria fatto di ricordi spensierati, di nostalgie e di complice appassionata femminilità, infine, il baritono Alessandro Luongo in Lord Guglielmo Cecil dalla vocalità spiccata e risonante. A questa sostanziale omogeneità del cast sono corrisposti da parte del direttore dell’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma, Paolo Arrivabeni un senso sicuro della struttura formale e strutturale dell’opera che è stata proposta in una versione pressoché integrale (unico piccolo taglio una frase ricorrente per la terza volta nel duetto Leicester-Maria del prim’atto), attacchi e stacchi simbiotici con il peso vocale dei cantanti e la messa a fuoco di elementi timbrici orchestrali, come l’evocativo clarinetto e la trascendente arpa nel finale applaudissimo per le irresistibili ondate corali del Coro del Teatro dell’Opera di Roma diretto dal maestro Roberto Gabbiani.

Alla fine la maggior quantità di applausi è stata palesemente distribuita tra le due regine.

Andrea Zepponi

La foto di copertina rappresenta una scena di Maria Stuarda, Carmela Remigio in Elisabetta. ® Yasuko Kageyama, Opera di Roma, 2016-17.

Maria Stuarda

Tragedia lirica in due atti su libretto di Giuseppe Bardari, dalla tragedia Mary Stuart di Friedrich Schiller

Musica di ‪Gaetano Donizetti

Maria Stuarda, regina di Scozia MARINA REBEKA

Elisabetta I, regina d’Inghilterra CARMELA REMIGIO

Roberto, conte Leicester PAOLO FANALE

Giorgio Talbot CARLO CIGNI

Lord Guglielmo Cecil, gran tesoriere ALESSANDRO LUONGO

Anna Kennedy, nutrice di Maria VALENTINA VARRIALE

Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma

Direttore Paolo Arrivabeni

Maestro del coro Roberto Gabbiani

Regia Andrea De Rosa

Scene Sergio Tramonti

Costumi Ursula Patzak

Luci Pasquale Mari

Nuovo allestimento in collaborazione col Teatro San Carlo di Napoli