Le migrazioni in Liguria. Dalle rotte dei mercanti al grande porto verso le Americhe.

Introduzione

Le migrazioni dalla Liguria costituiscono un segmento particolarmente importante nel quadro complessivo della emigrazione italiana. La rilevanza dell’emigrazione ligure non è tanto numerica quanto storica e sociale. Parlare e capire i flussi migratori non solo come percorsi che arrivano sul nostro territorio, ma anche come flussi “che vanno verso”, sottolineano attinenze e similitudini che evidenziano come i popoli in movimento non siano poi così distanti.

Il presente articolo è stato inserito nel rapporto Italiani nel mondo 2009, a cura dell’Associazione Italiani all’Estero (Aire).

Nel 2008, il 2,5% degli italiani residenti all’estero è ligure, ma i tanti italiani che alla fine dell’Ottocento decisero di emigrare alla ricerca di fortuna hanno seguito i modelli e le rotte tracciate, già due secoli prima, dai migranti genovesi e veneziani. La memoria richiama, quindi, la figura del ligure pioniere ed avventuriero che, già dal tardo medioevo, solca i mari alla ricerca di nuove terre di commercio e d’affari. Questa però non è l’unica faccia dell’emigrazione ligure: se il mercante genovese è la figura simbolo fino al XVII° secolo, gli operai e i contadini dell’entroterra sono i protagonisti dei flussi di fine Ottocento. Quella ligure è una emigrazione articolata e complessa, carica di contraddizioni: fenomeno di lungo periodo, nei suoi cinquecento anni di evoluzione, incontra e caratterizza molti periodi storici rappresentando quasi una sorta di vocazione naturale anche in virtù della posizione geografica e strategica di questa stretta striscia di terra nello scenario mediterraneo. Tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Novecento, l’emigrazione ligure, è contemporaneamente fattore attivo di mutamento, sociale, culturale ed economico, e oggetto passivo che subisce gli effetti dei mutamenti. Pensiamo all’Argentina, numerose figure liguri hanno segnato la storia del paese[i], ma a sua volta la forte disponibilità di terre ha trasformato un flusso sporadico di migrazione professionale in un flusso di emigrazione pre-industriale.

In quasi mezzo secolo di storia, sotto la voce “emigrazione ligure” vengono richiamati flussi migratori di diversa intensità (da singoli individui ad emigrazione di gruppo) e diversa composizione di genere (da emigrazione prettamente maschile ad una, seppur limitata, emigrazione mista). Differenti anche le zone territoriali maggiormente interessate dall’esodo (Genova e le coste, ma anche l’entroterra e le zone rurali) e diverse le aree di arrivo (Europa mediterranea ma anche Europa centrale, Sudamerica ma anche America del Nord). In un contesto così vario, delineare dei contorni specifici del fenomeno non è cosa facile. Il compito è reso ancora più difficile dalla mancanza di informazioni sui flussi migratori italiani antecedenti al 1875, anno in cui il neonato stato italiano avvia la procedura di registro delle emigrazioni in partenza dalla Penisola. Un problema strutturale sentito da tutta la ricerca storiografica, che nel caso dell’emigrazione ligure si manifesta nella sua pienezza: a fine Ottocento l’emigrazione ligure vive la sua fase conclusiva, le informazioni ufficiali a disposizione sono quindi parziali e poco rappresentative del fenomeno. La scarsa rintracciabilità storica degli emigrati liguri è data anche dalla tendenza, da parte degli stemmi liguri, di non dare ampi spazi di visibilità alle proprie origini (in questo senso si registra una forte continuità con le figure dei mercanti genovesi magistralmente descritti da Fernand Braudel). Marinai e mercanti arrivano nei porti americani con bandiere francesi e spagnole, terre di primo approdo nel loro processo migratorio, contribuendo a rafforzare l’idea di una maggiore presenza spagnola e francese piuttosto che italiana.

Tutti questi fattori rendono ardua l’operazione di individuazione di linee comuni di tendenza del fenomeno “emigrazione ligure” nel suo complesso, come richiesto da un rapporto nazionale. La soluzione scelta in questo saggio è quella di utilizzare categorizzazioni ampie che lascino molti spazi di riflessione alle peculiarità specifiche del fenomeno. Nello specifico, due le chiavi di lettura di riferimento: la collocazione storico-temporale (risorgimentale, preunitaria e postunitaria) e l’area geografica di approdo (Sudamerica ed Europa) del fenomeno. Tenendo ben presente ciò, la nostra riflessione sull’emigrazione ligure si svilupperà attraverso i seguenti passaggi: una prima riflessione sui dati Aire 2009 fotograferà la situazione attuale evidenziando le motivazioni della categorizzazione scelta; a seguire la lettura, in ordine temporale, dell’emigrazione ligure prima e dopo l’Unità d’Italia, e in chiusura l’attenzione si sposterà sulla figura dell’emigrante ligure in Sudamerica, area geografica più interessata dal fenomeno.

I liguri nel mondo: una fotografia tra presente e passato

Ad aprile 2009, i liguri registrati all’Aire erano 97.377, pari al 2,5% dei quasi 4 milioni di italiani all’estero. Più della metà dei liguri proviene dalla provincia di Genova (54,1%). I dati confermano gli assunti proposti per la nostra analisi. Quella ligure, più di quella di altre zone della Penisola, è una migrazione storica e ben radicata nei territori di approdo: l’iscrizione per nascita dei liguri supera la media nazionale di più di 8 punti percentuali, mentre l’espatrio nel caso dei liguri è abbondantemente inferiore alla media. In pratica, quasi la metà dei liguri iscritti all’Aire sono emigranti di seconda e terza generazione. Che si tratti di seconde e terze generazioni di liguri lo si capisce anche osservando le motivazioni dichiarate e l’anzianità d’iscrizione: ad un tasso sopra la media di iscrizioni per nascita corrisponde un’anzianità di iscrizione inferiore ai 5 anni che sfiora il 40% degli iscritti. Nel corso dell’ultimo ventennio, i numerosi cambiamenti di assetto politico, le crisi economiche locali ed internazionali che hanno coinvolto il “Vecchio” e il “Nuovo” Mondo, hanno determinato un aumento delle iscrizioni all’Aire. La recentemente introduzione della possibilità, per gli italiani residenti all’estero, di votare anche nel paese di residenza, la libera circolazione tra i paesi europei per i cittadini comunitari (nonché la facilità di circolazione in paesi come gli Stati Uniti o il Canada per i possessori di cittadinanza comunitaria) e la maggiore stabilità economica e sociale europea, hanno spinto vecchi e nuovi emigrati a mantenere saldi i rapporti istituzionali con il proprio paese di origine e quindi, anche ad effettuare per la prima volta o aggiornare la propria iscrizione all’anagrafe degli italiani residenti all’estero.

mare 1Quanto detto è ancora più vero nel caso dei liguri la cui presenza nel biennio 2007-2009 è cresciuta del 14% contro un aumento medio di circa il 10% delle iscrizioni. Le motivazioni di una crescita così evidente sono da ricercare nel forte legame esistente tra Liguria e Sudamerica, da cui derivano i 2/3 delle nuove o “rinnovate” iscrizioni, e negli effetti della forte crisi economica e sociale che negli ultimi quindici anni ha investito l’Argentina ed altri paesi dell’America Latina. Il paese del Rio de la Plata è, infatti, la terra di migrazione per eccellenza dei liguri: quasi il 60% degli iscritti Aire risiede in un paese delle Americhe, ma è soprattutto il Sudamerica con le sue 50 mila presenze ad essere associato alla figura dell’emigrante ligure. Numerosa è, comunque, la presenza anche nel continente europeo (38,4%), ed in particolare nei paesi appartenenti alla “vecchia” Unione Europea.

mare 2Per disposizione geografica l’Italia è la cerniera tra il Mediterraneo e l’Europa e per questo da sempre luogo di commercio e scambio. Non stupisce, quindi, che vi sia una maggiore concentrazione di liguri dentro ai confini della “vecchia Europa”. A tal proposito, le scelte degli espatriati liguri sono in linea con le strategie migratorie nazionali: Francia e Svizzera, seguite dai paesi dell’Europa centrale e dalla Spagna. La prossimità geografica e la ricerca di opportunità lavorative diventano i principali fattori di scelta. A prova di ciò, quasi il 50% dei liguri residenti “oltralpe” sono originari dell’imperiese, provincia di confine italo-fancese. In Spagna, invece, la popolazione ligure è genovese per il 55% richiamando alla memoria le rotte di mercanti e di esploratori che, con le loro imprese, hanno determinato una svolta nella storia tra vecchio e nuovo continente. Può apparire scontato richiamare la figura di Cristoforo Colombo, genovese di nascita, che con navi battenti bandiera spagnola approda e scopre le nuove terre meriche, ma in realtà non è così.

mare 3Vedremo più avanti, come il mito dell’America e i racconti delle imprese realizzate da connazionali, di cui il Colombo è solo il più famoso, hanno contribuito a determinare l’aumento dei flussi migratori liguri e italiani. D’altra parte, è storicamente accertata la particolare attitudine delle popolazioni italiche alla mobilità stagionali a sfondo occupazionale, soprattutto verso le colonie. Questa tradizione per la popolazione ligure assume la forma della navigazione nel mediterraneo. A sua volta la migrazione via mare determina un altro elemento di caratterizzazione del flusso proveniente dalle terre liguri. La generale alta professionalità richiesta dall’arte marinara e dalla capacità di fare affari, connota la migrazione ligure in una migrazione “d’elite”, in cui le ricchezze familiari e individuali garantiscono una maggiore libertà di movimento, che contempla la possibilità di uno o più ritorni alla terra natia, e di scelta rispetto all’identità da tenere: i migranti appartenenti ad un livello sociale più basso, in molti casi, per poter accedere alle facilitazioni economiche e sociali francesi, o del paese europeo di residenza, optano per la naturalizzazione, abbandonando l’identità di nascita. In questo senso la costituzione delle cosiddette “Altre Italie fuori dall’Italia”, nei paesi del vecchio continente, almeno fino alla metà dell’Ottocento, assume una duplice connotazione: composta in gran parte da figure dell’alta borghesia mercantile, più che da marinai e artigiani, provenienti spesso da Genova o dalla Liguria.

I cinquecento anni dell’emigrazione ligure

Il territorio corrispondente alla Liguria è una stretta striscia di terra affacciata sul Mediterraneo e stretta dagli Appennini. Questa posizione geografica e le caratteristiche orografiche ha “costretto” le popolazioni che la abitano a trovare le risorse verso il mare, fuori da sé. Per questo motivo il movimento, le migrazioni, i commerci fanno parte indissolubilmente del patrimonio storico dei Liguri. Da un potenziale limite dovuto ad un territorio stretto e impervio, i genovesi trassero la forza per arrivare ad essere i più importanti attori finanziari del mondo pre-capitalistico, come descritto magistralmente ancora da Fernand Braudel[i]. Più volte abbiamo richiamato l’attenzione sulla figura del mercante pioniere italico, in molti casi ligure, che, tra Cinquecento e Seicento, con le sue traversate via mare traccia le rotte di navigazione della storia moderna e contemporanea.

mare 4Se è vero che l’emigrazione ligure si realizza sopratutto tra il Settecento e i primi decenni del Novecento, è sicuramente un errore considerare il fenomeno emigratorio chiuso all’interno di un blocco temporale rigidamente determinato. Come tutti i fenomeni sociali esso si sviluppa in un continuum temporale; la figure del mercante avventuriero cinquecentesco diviene, così, parte del fenomeno migratorio in qualità di precursore e di stimolo delle successive migrazioni, così come la fine delle emigrazione italiana deriva anche dalla cambiate condizioni socio economiche internazionali e dall’esito non sempre positivo della migrazione. In questo senso la scomposizione temporale in risorgimentale, preunitaria e unitaria, qui proposta, ha come unico fine quello di legare alcuni significativi elementi storico-sociali al fenomeno emigratorio evidenziandone le peculiarità, ma non devono essere considerate delle categorie rigide. Notevoli, infatti, sono le differenze tra l’emigrazione ligure sviluppatasi tra il XVI e il XVIII secolo (risorgimentale), l’emigrazione preunitaria propria della prima metà dell’Ottocento, e quella successiva all’unità nazionale. Cambia il profilo dell’emigrante, le sue motivazioni, la destinazione del viaggio e la tipologia di flusso. Dal tardo medioevo un flusso sporadico di liguri decideva di lasciare il suo paese per dirigersi verso le città della costa francese e spagnola e, allargando lo sguardo, verso i paesi dell’America meridionale. Si tratta per lo più di marinai, mercanti e pionieri che, animati dalla voglia di trovare nuovi sbocchi per i propri affari, approdavano a Marsiglia, Barcellona e le altre città portuali del Mediterraneo. Una volta giunti in quei porti, molti decidono di trasferire i propri affari nei nuovi paesi, o di salpare con una delle navi in partenza per le terre di scoperta dell’era moderna: le indie. Quella risorgimentale più che una consapevole definitiva emigrazione dalla Liguria è un allontanamento temporaneo radicalizzato, in cui la scelta del “non ritorno” al paese natio è successiva alla partenza. Al paese si lasciava tutto ciò di cui si disponeva: casa, famiglia ed ogni genere di averi.

Il consolidarsi delle nuove rotte del commercio, la situazione di instabilità politica italiana e l’esito per lo più favorevole delle prime migrazioni, alimentano la voglia di spostamento dei liguri del XVIII e XIX secolo. È in questo periodo in cui si mette in atto l’emigrazione ligure quantitativamente più rilevante. Il porto di Genova è la principale porta per le Americhe. Tra il 1876 e il 1901 nel porto del capoluogo ligure si imbarca il 61% dell’emigrazione transoceanica italiana. Il ligure che decide di cambiare paese, ha acquistato più consapevolezza della scelta, sa di affrontare un viaggio di sola andata. La scelta di emigrare non è più solo di mercanti, marinai ed artigiani con l’idea di approdare in nuovi spazi imprenditoriali ma anche di intellettuali e rifugiati politici alla ricerca di condizioni politiche più favorevoli. Per la Penisola italiana, in particolare al Nord, sono anni di fermento politico e sociale. Il vento rivoluzionario proveniente dalla Francia soffia sulla Liguria e alcuni intellettuali della repubblica indipendente di Genova contrari alla dominazione (franco-napoleonica prima e dei Savoia successivamente)[i] manifestano il loro dissenso trasferendosi nella vicina Europa o in America fuggendo da eventuali persecuzioni politiche.

Fino a questo momento l’emigrazione ligure non è segnata dalla povertà, la ricerca di nuovi sbocchi commerciali ed imprenditoriali non è vissuta come una fuga da una situazione socio economica difficile, ma semmai un miglioramento della situazione personale e familiare. La situazione cambia all’inizio dell’Ottocento, quando agli sconvolgimenti politici della Restaurazione, si affianca il dilagare, anche in Liguria, di quel malessere sociale ed economico presente in Italia: carestie, difficoltà del mondo agricolo, malnutrizione e condizioni igienico-sanitarie precarie colpiscono la popolazione. Questi alcuni dei motivi che determinano un cambiamento nella tipologia di emigrazione dalla Liguria. Il fenomeno migratorio italiano si sta avviando alla sua fase di massa, anche le popolazioni liguri si muovono in maniera significativa seguendo queste dinamiche; alcuni paesi dell’entroterra risultano spopolati. Agricoltori, operai e artigiani iniziano il loro viaggio alla ricerca della fortuna. L’idea dell’America quale terra della grande fortuna, aveva raggiunto una vasta popolarità, e anche se le mete principali rimangono le coste dell’Argentina e dell’Uruguay, molte città del Nord America come New York, San Francisco e Boston cominciano ad essere le mete dei migranti liguri. L’emigrazione a scopo di lucro è oramai una procedura consolidata, ma accanto ai mestieri ordinari dell’emigrante, si fa avanti la figura del “battibirba”, brigante ligure che, grazie all’uso di travestimenti, il più usato dei quali era il prelato o uomo di chiesa, truffava la gente ricevendo donazioni e offerte.

Quella unitaria è la fase conclusiva e meno significativa dell’emigrazione ligure poiché numericamente ridotta, poco incisiva e perché lascia il posto ai flussi dell’Italia meridionale. Questo periodo però viene caratterizzato dal fatto che anche le donne liguri cominciano ad affrontare viaggi di sola andata verso le Americhe. Partite insieme ai propri mariti o chiamate da questi per ricongiungere il nucleo familiare, le donne nelle nuove terre non svolgono solo una vita domestica, ma lavorano come balie o svolgono attività di tipo domestico presso le famiglie benestanti locali. La fase di chiusura in cui si trova il flusso ligure non permette all’emigrazione femminile di divenire numericamente significativa come sarà per altri flussi provenienti da altre zone dell’Italia[ii].

Il Sudamerica: terra di migrazione ligure

Le “Meriche” e in particolare il Sudamerica è la meta per eccellenza degli emigranti liguri sono la meta per eccellenza degli emigrati liguri. Tale scelta non subisce variazioni per tutto il cinquantennio (1850-1900) maggiormente caratterizzato da flussi migratori dalla Liguria. Le coste argentine, brasiliane e uruguaiane continuano ad essere i territori principali dove fare affari, sia per i mercanti e avventurieri risorgimentali, sia per le popolazioni dell’entroterra in fuga dalle carestie postunitarie. I migranti liguri mostrano, quindi, affianco alla già storicamente riconosciuta natura intraprendente e pionieristica, un’altrettanto radicata natura “conservatrice”e tradizionale. Si seguono rotte già battute, territori e mercati già conosciuti. Atteggiamento conservatore mantenuto anche quando, tra la metà del XIX secolo e gli inizi del XX secolo, l’evolversi dei mercati internazionali e lo sviluppo delle economie locali nelle Americhe meridionali spinge ad allargare i propri orizzonti delle personali e familiari economie. Principale criterio di scelta rimane la familiarità del contesto e la ricerca di terreni e territori che per condizioni climatiche di potenzialità imprenditoriali, rievocano la terra natia, o le attività imprenditoriale precedentemente in uso. Le praterie uruguaiane, come quelle argentine, si prestavano ottimamente all’allevamento del bestiame, cosi come le città portuali e le coste fluviali del Plata e nel quartiere Boca si adattavano al commercio e alla navigazione promossi dai mercanti e dagli armatori genovesi. Cinque i paesi dell’America meridionale dentro i confini dei quali l’emigrazione ligure ha scritto la sua storia: Argentina, Uruguay, Cile, Perù e Brasile. L’Argentina rimane comunque la patria indiscussa dell’emigrante ligure: più antica regione di approdo e di commercio, terra in cui il più largo numero di liguri si è radicato, nazione in cui gli intellettuali e l’alta borghesia genovese sono riusciti a farsi spazio nella società. Le prime notizie ufficiali di presenze liguri e delle loro iniziative imprenditoriali al Plata si hanno già nel 1776, ma dopo il 1870 il flusso si muove ad un ritmo di più 4 mila unità all’anno. La presenza ligure negli altri quattro paesi ha seguito lo sviluppo economico dell’area di fine Ottocento, ed è determinata più che da migrazioni dirette, da spostamenti interni dei mercanti, marinai, artigiani e contadini che già stabilitisi in Argentina, allargano la loro ricerca di opportunità imprenditoriale nell’interno del paese o in altri paesi del continente. Sotto la spinta espansionistica ed imprenditoriale, grossi passi in avanti erano stati compiuti nella navigazione fluviale e marina: quegli gli anni dei grossi transatlantici a vapore, ma anche delle navi fluviali commerciali. Se già l’evoluzione tecnologica è considerata uno dei motori dei flussi migratori di massa, lo è anche per l’ampliamento della zona di riferimento. La precocità e il lungo periodo di sviluppo dell’emigrazione ligure ha permesso un espansione territoriale significativa, anche se non particolarmente numerosa. L’affievolirsi della presenza ligure nel flusso di massa dei primi del Novecento e lo spostamento delle rotte migratorie verso il nord America ha determinato il fermarsi della migrazione “espansionistica” regionale ed extraregionale.

mare 5La distribuzione attuale della presenza ligure, infatti, conferma la tendenza ad un mantenimento della tradizionale insediamento. In Argentina vive il 26% dei liguri d’America, seguono Cile (24%) e Uruguay (15%). Il Perù, l’Ecuador e il Brasile, la cui l’incidenza delle presenze non supera il 10%, raggiunte dai vecchi migranti liguri durante l’ultima fase migratoria, erano viste soprattutto come terre di commercio e di migrazione temporanea.

La lenta riduzione del flusso migratorio di origine ligure di inizio Novecento, non determina un affievolirsi dell’importanza della Liguria nel processo migratorio nazionale, quello che muta è l’elemento di rilevanza: dal soggetto emigrante l’attenzione si sposta al porto. Tra fine Ottocento e i primi del Novecento il Porto di Genova e gli armatori genovesi sono i principali protagonisti del flusso migratorio verso le Americhe, ma anche padroni indiscussi della navigazione e del commercio interno alle Americhe. Genova e l’Italia diventano un punto fondamentale del trasporto e del commercio internazionale: numerose compagnie marittime straniere aprono agenzie nella Penisola, ma fino agli inizi del secolo è la Navigazione Generale Italia di Genova, ad operare in una situazione di monopolio. Si tratta di un monopolio economico imprenditoriale dettato da aspetti culturali e sociali specifici della popolazione ligure e del suo flusso migratorio, ma fortemente sostenuto dal contesto politico argentino. I liguri della migrazione risorgimentale e preunitaria, infatti, spinti dalla loro naturale intraprendenza e dalle loro capacità imprenditoriali e mercantili, si inseriscono bene nella società argentina colmando spazi non ancora coperti da una società e una nazione in via di definizione. Molti di loro entrano a far parte di corpi diplomatici o militari oltre che divenire parte del tessuto mercantile e commerciale locale. In questo contesto, anche il matrimonio diveniva uno strumento di inclusione sociale, molti i matrimoni tra liguri e donne argentine o autoctone.[1] Il radicamento degli emigranti liguri nel tessuto locale argentino è uno dei motivi per cui, una volta salito al potere, Juan Manuel de Rosas[2] li vedeva di buon occhio considerandoli intraprendenti capaci, e abbastanza indipendenti dal proprio stato natio da poter divenire fedeli cittadini argentini. Il caudillo argentino confidava nel fatto che i molti liguri esuli politici, ribelli allo stato sabaudo, avevano abbandonato la propria identità natia potendo acquisirne una nuova. L’immigrazione inoltre serviva molto allo sviluppo economico del paese, perché allora non incentivare e rafforzare i legami con i liguri armatori e gente di grosse capacità? Il governo argentino sostenne l’arrivo dei migranti dal vecchio continente agevolando le rotte e gli affari promossi dagli armatori liguri, a cui affidò inoltre il compito di “agenti” per arruolare persone che venissero a stabilirsi nelle terre incolte, messe a disposizione dal governo.

I migranti che decidevano di partire arrivavano a Buenos Aires, dove trovavano strutture di accoglienza che li ospitavano per un massimo di tre giorni, prima di avventurarsi verso la loro nuova vita in America latina. Dal porto di Genova partivano velieri carichi di merci e migranti non solo per l’Argentina, ma anche Brasile, Uruguay e altre mete dell’America; il numero di affluenze al porto era tale che nella città si erano organizzati punti di accoglienza: l’albergo dei poveri tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del primo conflitto mondiale, divenne uno dei punti di riferimento per i numerosi migranti[3] che in fuga dalla condizione di “povertà” decidevano di rincorrere il “sogno americano”. Questo sogno americano era costruito sull’idea di un America prospera e ricca di opportunità e, nel caso dell’emigrazione ligure in Sudamerica, venne fortemente influenzato dalle misure di incentivazione messe in atto dal governo argentino: gli “agenti” promuovevano l’espatrio attraverso volantini e propaganda di storie di successi. Le leggende dell’Eldorado da scoprire stavano diffondendosi. De Rosas favorì gli armatori liguri anche nei mercati interni, anche quando, nel 1897, venne bandita la chiusura delle navigazioni sul rio Plata ai traffici internazionali, lasciando agli operatori liguri l’accesso fluviale. Il monopolio della zona permise loro di raggiungere l’espansione territoriale su larga scala in Sudamerica, ma non bastò a fermarne il lento ed inevitabile declino. La fortuna della emigrazione ligure si arrestò, infatti, quando lo sviluppo locale economico ed industriale cominciò a richiedere investimenti ingenti di denaro che i liguri non erano preparati a gestire. Anche in questo caso ritorna, con analoghe dinamiche, lo scenario che portò al declino dei mercanti genovesi nel Mediterraneo del tardo XVII° secolo. I mercanti, gli armatori liguri, seppur molto apprezzati come risparmiatori, adottavano una strategia di imprenditoria individuale, non incentrata su grosse speculazioni ed investimenti: molto spesso i soldi risparmiati venivano inviati al paese come rimesse. Agli inizi del XX° secolo, le innovazioni tecnologiche e l’apertura dei mercati internazionali, resero i vascelli e le navi genovesi poco concorrenziali con le nuove flotte inglesi e tedesche. Solo la neonata Navigazione Generale Italia, sorta dalla fusione dai gruppi armatoriali Florio e Rubbattino, resistette al mercato, ma non in modo sufficiente a sostenere un “piccolo mondo” come quello ligure non più competivo nello scenario della piena età dell’industrializzazione. Parimenti, data la piccola incidenza quantitativa, le migrazioni liguri vennero a stingersi nel contesto delle migrazioni di massa.

Georgia Casanova

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NOTE.

[1] Per i contadini e gli operari giunti successivamente non fu così semplice e non sempre trovarono ambienti favorevoli all’inserimento sociale.

[2]Juan Manuel de Rosas fu governatore di Buenos Aires dal 1829 al 1852.

[3] Dal porto di Genova partivano anche molti migranti francesi e di altre nazionalità europee attirati dal minor costo del viaggio.

[i] La Repubblica di Genova subì la dominazione francese dal 1797 fino al 1814. Dopo una breve parentesi repubblicana di un anno, il Congresso di Vienna del 1815 decreta la definitiva annessione di Genova al Regno di Sardegna.

[ii] Si pensi anche in questo caso ai flussi di massa provenienti dal meridione . Molte le donne che decidono di abbandonare la propria patria alla ricerca di un lavoro, un marito o per ricongiungersi ad esso. (….)

[i] Fernand Braudel, Civiltà materiale, economia, capitalismo, vol. 2 I giochi dello scambio, Einaudi, Torino, 1981.

[i] Basta pensare alla figura di Garibaldi che nella prima metà dell’Ottocento salpava verso il sud America dove arruolò molti migranti che hanno combattuto per la liberazione nazionale in Brasile, Uruguay e Argenitina (Franzina Sanfilippo 2008).