Debutto nazionale a Firenze, poi il 13 dicembre al Teatro Eliseo di Roma dove sarà in scena fino all’8 gennaio 2017, L’anatra all’arancia dal testo The secretary bird di William Douglas Home, versione francese di Marc Gilbert Sauvajon, traduzione di Luca Barbareschi con Gianluca Gobbi, Margherita Laterza e con la partecipazione di Ernesto Mahieux nel ruolo di un maggiordomo che sembra uscito da un romanzo cechoviano. La scenografia di Tommaso Ferraresi è semplice ed elegante. Le porte e gli infissi si trovano in un vuoto magrittiano. Regia di Luca Barbareschi che ha preso il testo di un inglese, riadattato da un francese, lo ha tradotto dall’originale e ci ha trovato Chi ha paura di Virginia Woolf? Ha una struttura più moderna, molto vicina a noi donne di oggi con le nostre nevrosi e le nostre manie. Racconta di una donna, Lisa interpretata da Chiara Noschese che ha un amante Volodia, interpretato da Gianluca Gobbi e, di quanti silenzi scendano in una stanza quando la stessa dice a Gilberto il marito, interpretato dallo stesso Barbareschi, «Amo un altro». Cosa accadrà? Gilberto studia il contrattacco ed organizza un weekend a quattro in cui i due amanti staranno insieme a lui ed alla sua attraente segretaria Chanel, interpretata da Margherita Laterza che ne fa un folletto magico che entra in casa, bellissima, sexy, super seducente. Chiara Noschese è molto convincente nel personaggio di Lisa, strampalata ma con la battuta pronta. Da sottofondo le musiche di Bruno Martino, come Un’estate fa che è stata resa calda, melodrammatica e dà una grande forza alla commedia il cui impianto è quello di far ridere un Paese in un momento di grande difficoltà. A parlarne è Chiara Noschese.

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Chiara-Noschese e Ernesto-Mahieux in una scena dello spettacolo L’anatra all’arancia, al Teatro Eliseo di Roma fino all’8 gennaio 2017. © Bepi Caroli.

L’anatra all’arancia è una bellissima storia universale tra un uomo ed una donna. Cosa succede?

Casca l’asino! Dopo venticinque anni di matrimonio, com’è giusto che succeda, le donne se non vengono ascoltate, amate e curate, si rompono le scatole e quindi deviano ed è quello che fa Lisa, il personaggio che interpreto.

Com’è Lisa?

Una completamente diversa da me, una donna bipolare che si perde nei libri che sta leggendo, un po’ sopra le righe, sempre persa nel suo mondo, poco legata al terreno, tutta il contrario di me che sono una maniaca del controllo. Mi sono un po’ persa dentro al personaggio. Lei sta sempre in un’altra dimensione, lui mi devasta, è violento nei miei confronti ma il pubblico ride alle mie spalle.

Visto che è completamente diversa da te, a chi ti sei ispirata per entrare nei panni di Lisa?

A nessuno, ho solo seguito le indicazioni di Luca Barbareschi che mi ha detto come dovevo essere «Non mi piace uscire martedì, non lo so perché, non mi piace», una un po’ così, una donna certamente ricca, benestante, una che se legge Madame Bovary le va in tilt il cervello.

Definiscono questa commedia esilarante, un po’ vicina a quelle di Virginia Woolf, cosa hai riscontrato di simile o di diverso?

Credo che sia un po’ infernale, è proprio una macchina da guerra costruita per la risata ma su un pensiero, una situazione, uno stato d’animo e quindi non è una risata fine a se stessa ma è una risata amara, in qualche modo. A me è capitato raramente di fare uno spettacolo dove si rideva così tanto dall’inizio alla fine, quindi la costruzione è impeccabile.

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Luca Barbareschi e Chiara Noschese in una scena dello spettacolo L’anatra all’arancia. © Bepi Caroli.

Lisa cos’ha in comune con una donna di oggi?

Quello che ho detto prima e che ribadisco. Come tutte le donne, se non vengono ascoltate e curate deviano in maniera molto pesante.

Barbareschi ha detto che è una versione un po’ speciale rispetto a quella che conosciamo, cosa c’è di diverso?

È completamente diversa, a cominciare dalla scenografia per finire agli attori che sono stati scelti. Tra di noi c’è una stranissima chimica, è uno spettacolo non usuale. Finora ha funzionato, speriamo che il pubblico romano lo apprezzi.

Elisabetta Ruffolo

L’immagine di copertina è di Bepi Caroli (©).