Andrea Laszlo De Simone

Cover del disco di Andrea Laszlo De Simone, Uomo Donna, 2017.
Uomo Donna (CD 42 Records– 9 Giu 2017, 12 Tracce – 77:46)
Da giorni non ascolto altro.
Lo aspettavo da inizio anno. Mi riferisco al (quasi) esordio capace di replicare l’entusiasmo che nel 2016 mi aveva suscitato Motta con La fine dei vent’anni.
Incuriosito dalla sfumatura magiara che risuona in un nome per il resto italianissimo, ho scoperto solo poi che si tratta dell’ex batterista dei Nadar Solo, gruppo di cui avevo una qualche vaga memoria, e del suo secondo album solista.
Immaginate Tenco che chiede a Le Orme di (ri)arrangiargli i pezzi, un po’ alla stregua di De André con la PFM.
Ora immaginate che la produzione del disco sia affidata a Manuel Agnelli e Riccardo Sinigallia, che per alcune parti vocali vengano reclutati Modugno e Battiato e per parecchie altre Lucio Battisti.
Immaginate infine che tutti i membri di questa talentuosissima, fantasmagorica compagnia abbiano 30 anni oggi, nel 2017. Come Andrea Laszlo De Simone (31, per la precisione). Un cantautore che sembra una band, o forse il contrario.
Giuro: non sono sotto l’effetto di sostanze psicotrope. È bastato salire sul treno in transito che apre Uomo Donna.

Ritratto dell’artista Andrea Laszlo De Simone.
Siamo nei primi anni Settanta, svecchiati dagli stereotipi nostalgici però, assolutamente contemporanei, anche perché il treno che corre all’indietro devono ancora inventarlo.
Il riferimento più immediato è l’importante stagione musicale che in Italia, e non solo, ha definito molti paradigmi tuttora (ab)usati nel mondo del pop/rock. Canzoni come Uomo Donna o Sogno l’amore sarebbero azzeccatissime per le serie televisive nostrane tutte bande criminali e pantaloni a zampa. In certi episodi ritornano addirittura i “Sixties” (La guerra dei baci, Fiore mio).
Ma sarebbe superficiale – oltre che uno spreco – fermarsi a questa prima impressione e derubricare tutto alla voce “Esercizi di stile”. Sì, i brani sono immersi in quel mood, ma suonano asciutti e diretti come produzioni contemporanee. Tecnologia e suono registrato in presa diretta: ecco come il disco conserva purezza e originalità. Un prodigio.
Vieni a salvarmi è forse il pezzo più compiuto (oltre che uno dei miei preferiti) «Una richiesta di aiuto che suona come una resa», per citare De Simone in persona. Sembra di sentire gli ultimi Afterhours alle prese con un inedito del catalogo Battisti/Panella, conosciutisi dieci anni prima.
Uomo Donna contiene tutti gli ingredienti del disco d’autore; testi immuni da banalità e frasi fatte, anche se parlano di amore e relazioni umane. Musiche raffinate ma non necessariamente “difficili”. Strutture e arrangiamenti che se ne infischiano delle “leggi di mercato” e di airplay radiofonico, tanto che la durata media dei brani supera abbondantemente i cinque minuti.
Andrea Laszlo De Simone parla del nostro presente, con la profondità dei cantautori del passato e la forza dei suoni del futuro.
Qualche intermezzo forse si estende oltre il dovuto: eccesso di esuberanza tipico degli esordienti che vogliono mettere subito in mostra tutte le loro qualità, ma senza la presunzione che potrebbe trasformare De Simone in un Balotelli qualsiasi. Solo talento ed energia. Anche nei divertissement come Meglio e Questo non è amore, messi lì solo apparentemente a vanvera, che invece servono a sdrammatizzare e ci ricordano che trattasi sempre e comunque di musica “leggera”. Che ormai viene consumata con frenesia bulimica, concedendo raramente l’opportunità di più di un paio di ascolti anche ai lavori più riusciti. Stavolta invece io ho perso il conto. Uomo Donna mi è piaciuto, mi piace e continuerà a piacermi.
Poco ma sicuro.
Fabio Mennella