Sabato 5 novembre si è inaugurata la mostra Novus, doppia personale di Eduardo Fiorito e Paolo Torella a cura di Lorenzo Canova, visitabile fino al 9 dicembre alle Case Romane del Celio, a Roma.
Eduardo Fiorito da giovane ha iniziato a fare regia per il teatro, spettacoli multimediali che già univano musica e video proiezioni. Con il tempo tutti questi mezzi espressivi si sono condensati ed è rimasta solo la fotografia come sintesi di tutto ciò che vuole esprimere. La sua fotografia ha un carattere narrativo perché lui crede fortemente nella narrazione. Crede che le persone si emozionino veramente e che riescano a comprendere e sentire delle cose se vengono guidati nel percorso narrativo, non esplicativo, non cattedratico né filosofico. È la narrazione che cattura le persone ed è questo che si prefigge di fare con la fotografia. È la prima mostra insieme a Paolo Torella. Si cono conosciuti tre anni fa e sono entrati da subito in empatia. Frequentandosi hanno capito cosa dovevano realizzare insieme. Paolo Torella fa delle sculture di tipo materico che ha già qualcosa di mistico che è plasmare la materia. Fa lo stesso con la fotografia Eduardo Fiorito. Sono due arti diverse, bidimensionalità, tridimensionalità e per questo possono coabitare ed a dialogare con efficacia.
Novus, perché?
Racconta la rinascita. Questa mostra è incentrata sullo scorrimento e sulla stratificazione temporale. In questo fluire del tempo noi cerchiamo di focalizzare proprio su questo aspetto del processo che è quello della morte e della rinascita che in questo caso è simboleggiata da un uovo che storicamente anche nella storia dell’Arte, da Piero della Francesca in poi, rappresenta la rinascita per eccezione e noi questo vogliamo raccontare. Noi vogliamo focalizzare su questo aspetto del presente perché crediamo fermamente che ci sia in nuce, in questo tempo, la potenzialità di una rinascita artistica, umana, esistenziale che noi vogliamo raccontare attraverso l’arte, attraverso questo racconto che forse è di carattere esoterico, mistico, artistico, codificato se vogliamo. È molto sentito. A livello emotivo è qualcosa che noi vogliamo trasfondere nelle opere e speriamo che venga raccolta dal pubblico che la guarda. Sono sempre sorpreso di come le persone riescano a decifrare ogni aspetto di questo percorso che noi abbiamo creato e di restituircelo. Quando una persona trasfonde in esso il proprio sentire, il proprio cuore, la propria anima, è un concetto preverbale, un concetto che non ha bisogno di traduzioni linguistiche e quindi riesce ad essere raccolto anche con immediatezza.

Ritratto di Eduardo Fiorito.
Lei parla di Rinascita, in tempi di crisi mi sembra un’idea un po’ottimistica non le pare?
Forse ma personalmente non mi farò mai abbattere da qualsiasi crisi riesca a colpire questa società. Ricordiamoci che noi veniamo da un Paese che si è risollevato dalla Guerra e che dopo c’è stato il più grande boom economico che abbiamo mai vissuto. C’è un periodo di crisi ma non dobbiamo soffermarci sulla parte oscura della vita perché c’è una parte luminosa noi dobbiamo notarla e raccontarla. Io la vedo e la voglio raccontare. Sono sicuro che c’è e vorrei che venisse alla luce in tutti i sensi.
A cosa è dovuta la scelta delle Case romane del Celio come location per la Mostra?
È il luogo che meglio di tutti racconta la stratificazione temporale. È un luogo del III° secolo d.C. che ha attraversato il tempo, riporta i segni del tempo, racconta il tempo che ha attraversato. Fare una Mostra qui è comunque una sfida perché non è un posto facile dove allestire una Mostra proprio per l’importanza storica ed energetica che questo posto ha. Le sfide vanno affrontate e noi volevamo farlo, raccontarlo. Sapevamo che dovevamo affrontare degli standard comunicativi molto alti per poter essere all’altezza della comunicazione. L’abbiamo fatto e siamo contenti del lavoro che è venuto fuori.
Un viaggio per scoprire le origini di un mondo simbolico. Qual è quello che voi immaginate?
La mia filosofia è che questo è un percorso esoterico, cioè tutto quello che guarda, indaga e ricerca all’interno di noi stessi. Si sa che microcosmo e macrocosmo sono in comunicazione come raccontava Leonardo. Nel momento in cui la ricerca viene fatta con autenticità all’interno di noi stessi, noi riusciamo a raggiungere dei parametri che sono universali e che raccontano la vita di tutti perché l’infinitesimamente piccolo è sempre in contatto con l’infinitesimamente grande.
Una discesa per riconoscere radici segrete. A chi appartengono?
Al tempo, alla comunità, alla storia, a gruppi di persone. C’ è sempre qualcosa di segreto che è dentro di noi e non va rivelato, non perché non può essere compreso ma perché è di carattere non verbale e non può essere espresso verbalmente ma solo energeticamente. È questo che abbiamo cercato di fare con il nostro lavoro.
Usate linguaggi moderni per ritrovare le fondamenta, partendo dall’arte greco-romana fino ai giorni nostri. L’accoppiata è sempre vincente?
Non ho nessuna intenzione di tagliare con la tradizione come la vecchia storia dei nani sulle spalle dei giganti. Noi possiamo guardare anche un po’ più in là dei giganti che ci sostengono. Se parliamo da un punto di vista strettamente artistico, credo sia estremamente importante non tagliare i ponti con il passato. È ovvio che il movimento contemporaneo abbia creato una grossa cesura con la nostra tradizione perché doveva spaccare, doveva rinnovare una serie di linguaggi. Non si può continuare eternamente con questa spaccatura. Amo la tradizione e la sento vicina. Sono emotivamente legato ad essa e continuo ad esprimerla in questo senso.
Che posto ha oggi l’arte in Italia?
È la Patria dell’Arte. È insita nella nostra genesi. Noi ci siamo cresciuti ma neanche la vediamo più. Siamo talmente abituati alla bellezza che dovunque camminiamo per noi è normale. Se andiamo in un altro Paese, loro vendono come straordinario quello che noi troviamo ovunque. L’Arte ci appartiene. Il nostro popolo ha l’abitudine di parlarsi male, di bistrattarsi ma siamo tutti un po’ patrioti e dovrebbero smetterla di parlarsi male, di dire che non sappiamo fare le cose. L’Italia è un grande Paese, promuove della grandissima Arte, bisogna promuovere gli Artisti.
Elisabetta Ruffolo